martedì 22 settembre 2009
Resistere e lottare per l'uguaglianza dei diritti. Intervista di Laura Fantone e Ippolita Franciosi a Teresa Sarti Strada
Questa intervista è stata pubblicata nel nostro libro
R-Esistenze.Il passaggio della staffetta, Morgana edizioni, 2004. La riproponiamo qui in ricordo di Teresa.
Credi che ci sia una trasmissione dei valori tra generazioni?
Mi piacerebbe cominciare dicendo che la mia passione e il mio impegno “nel sociale” sono un'eredità di famiglia. Invece no. Mio padre e mia madre erano persone straordinariamente serie e responsabili, e hanno passato alle figlie i valori in cui credevano: l'onestà, il lavoro, i principi di un cattolicesimo rigido e un po' bigotto, la disponibilità a impegnarsi senza riserve per aiutare tutti i componenti di una famiglia allargata. Ma credo di ricordare che eravamo un nucleo quasi chiuso al di qua della porta di casa. Per usare un'immagine allo stesso tempo realistica e metaforica, non venivano mai gli amici a cena.
Come ha influito il tuo modello familiare sulle tue scelte?
Adesso so che, se fossero ancora con me, condividerebbero le mie scelte e godrebbero anche loro della fortuna che mi è capitata, quando le circostanze mi hanno fatto aprire gli occhi su un certo tipo di mondo e non sono riuscita a distogliere lo sguardo. Dico questo perchè credo che la trasmissione di valori tra generazioni non sia unico, dai genitori ai figli, ma anche, fortunatamente, viceversa. Da madre e da insegnante ho fatto spesso questa esperienza.
Come credi si possano educare i giovani alla libertà e alla giustizia?
Forse è un'illusione patetica per sopravvivere al quadro desolante che ci appare, ma io resto convinta che i valori siano destinati a essere una sorta di carattere dominante, che si perpetuerà e resterà, mentre le diverse forme di grettezza e di volgarità passeranno di moda.
Anche per questo la scuola ha una funzione essenziale. Omero e Dante che hanno ancora molto da dire. Leonardo e il Beato Angelico che ti commuovono a distanza di secoli. La scuola dovrebbe riuscire a passare questo messaggio, impartendo educazione e non solo istruzione.
E poi c'è l'apporto fondamentale che può derivare dall'insegnamento della storia, tutta, da quella dei popoli dimenticati e oppressi a quella dei vincitori.
Ho da poco smesso di insegnare e il mio impegno in Emergency non mi lascia il tempo necessario per avere nostalgia della scuola. Che resta, però, una delle mie passioni fondamentali.
Se tornassi indietro, avrei la maturità e l'esperienza sufficienti per suggerire ai miei studenti una rilettura della storia più incisiva, proprio in funzione della comprensione di questo nostro ( e soprattutto loro) mondo che sta andando a rotoli.
E non sarebbe una lettura strumentale, solo più informata e veritiera e rispettosa delle vicende, dei contributi e delle sofferenze degli uomini, tutti, non solo dei “grandi”.
“Tebe dalle sette porte, chi la costruì?” insinuava Brecht, e di seguito una serie di domande che incuriosivano e divertivano i miei studenti. “Son stati i re a strascicarli, quei blocchi di pietra?” e “dove andarono, la sera che fu terminata la Grande Muraglia, i muratori?” e “ Cesare sconfisse i Galli. Non aveva con se nemmeno un cuoco?”.
Le “domande di un lettore operaio” rendevano evidente agli studenti che la Storia è stata scritta e letta in funzione dei potenti e dei vincitori. Adesso il “villaggio globale” è diventato piccolo e può essere indagato nei minimi particolari, fino alla posizione di un'automobile su un'autostrada. E, volendo, i mezzi di informazione possono raccontarci tutto anche sulla vita privata di chi, per vari motivi, decidiamo di considerare protagonista della storia. Ma ancora si continua a omettere ciò che riguarda gli ultimi della terra. Un esempio drammatico, su tutti, a me sembra significativo. Abbiamo visto in diretta sullo schermo televisivo lo schianto aereo sulle Torri Gemelle. Se è vero che, ormai, esiste solo ciò che si vede in televisione, e non viceversa, questa tragedia ha il massimo di concretezza possibile ed è destinata a restare per sempre nella memoria di tutti. E' la tragedia per eccellenza. Nei giorni successivi all'11 Settembre ci hanno raccontato la vita privata di molte vittime, il motivo per cui si trovavano lì, le famiglie che hanno lasciato,storie di vita assurdamente interrotte. Ci siamo trovati a pensare a loro come persone conosciute da molto tempo, e anche per questo abbiamo trovato insopportabile che la barbarie avesse potuto colpire donne, bambini, uomini innocenti.
Poche settimane dopo, sono cominciati i bombardamenti sull'Afghanistan, anzi sulla popolazione afghana colpevole di vivere in un paese che aveva ospitato Osama Bin Laden e che aveva subito il giogo dei Talebani.
Delle migliaia di vittime incolpevoli afghane non sappiamo il nome, la storia privata, ciò che stavano facendo quando i B52 li hanno assassinati, interrompendo la loro quotidianità e la loro vita. Non ci hanno detto nulla di loro, e perciò non esistono. Sepolti in una grande fossa comune sotto la scritta”effetti collaterali”.
Bisogna aiutare i giovani ad accorgersi di queste omissioni, anzi menzogne.
Qual è il ruolo della scuola oggi?
Sono convinta che il ruolo della scuola debba essere innanzitutto quello di sconfiggere l'ignoranza, ovviamente, ma anche ( e questo pare meno ovvio) quella forma di ignoranza che ci impedisce di vedere e di conoscere gli uomini, i loro bisogni, i loro diritti. Sconfiggere l'ignoranza equivale a sconfiggere il razzismo, nelle mille forme in cui si presenta, anche in quella cinica e bara, e sofisticata, che si basa sul presupposto inconfessato che ci sono vittime di serie A e di serie B.
E siccome il nostro mondo si avvierà all'autodistruzione, se non decideremo di bandire le guerre, io credo che il messaggio da passare ai giovani (e non solo) possa essere questo: guardiamo il contenuto vero delle guerre, cioè le vittime. Guardiamole, o almeno immaginiamole, tutte, non solo quelle che altri decidono di farci vedere. Se riusciremo a calarci nei panni anche delle vittime di serie B, le guerre ci risulteranno insopportabili e stolte.
Come consideri i movimenti di oggi?
Credo che il movimento per la pace, oggi, sia molto vasto e trasversale e non coincida solo con la somma delle sigle che scendono in piazza. In Italia ci sono milioni di persone che hanno fatto una riflessione sofferta e consapevole sull'orrore e le menzogne della guerra e sono parte attiva nell'impegno per la pace. Anche se “si limitano” a parlarne con i compagni di lavoro o di scuola.
Le donne e la politica. Forse oggi per le donne è diverso il rapporto con la politica. Per cosa credi che dovrebbero lottare le donne oggi?
Io non ho mai “fatto politica”,come si usa dire, nel senso di attività nei partiti. Ma credo di fare la mia parte, come tutte le persone che non si rassegnano alle ingiustizie. Sono convinta che tutti gli uomini semplicemente per bene (e le donne in particolare, mi verrebbe da dire) debbano lottare per un mondo basato sull'eguaglianza dei diritti. Sembra ridicolo dire ciò nel terzo millennio, due secoli dopo la Rivoluzione francese. Ma basta guardarsi intorno, a partire dal molto vicino fino ai confini ultimi del villaggio globale. I diritti universali sono scritti, non praticati. Forse chiamiamo diritti universali quelli che sono i nostri privilegi.
Teresa Sarti Strada, laureata in Lettere, sposata, una figlia. Ha svolto attività di insegnante fino al 1999.
Nel 1994 ha fondato insieme al marito Gino Strada e altri amici, l'associazione umanitaria Emergency di cui, da allora ne è stata presidente.
R-Esistenze.Il passaggio della staffetta, Morgana edizioni, 2004. La riproponiamo qui in ricordo di Teresa.
Credi che ci sia una trasmissione dei valori tra generazioni?
Mi piacerebbe cominciare dicendo che la mia passione e il mio impegno “nel sociale” sono un'eredità di famiglia. Invece no. Mio padre e mia madre erano persone straordinariamente serie e responsabili, e hanno passato alle figlie i valori in cui credevano: l'onestà, il lavoro, i principi di un cattolicesimo rigido e un po' bigotto, la disponibilità a impegnarsi senza riserve per aiutare tutti i componenti di una famiglia allargata. Ma credo di ricordare che eravamo un nucleo quasi chiuso al di qua della porta di casa. Per usare un'immagine allo stesso tempo realistica e metaforica, non venivano mai gli amici a cena.
Come ha influito il tuo modello familiare sulle tue scelte?
Adesso so che, se fossero ancora con me, condividerebbero le mie scelte e godrebbero anche loro della fortuna che mi è capitata, quando le circostanze mi hanno fatto aprire gli occhi su un certo tipo di mondo e non sono riuscita a distogliere lo sguardo. Dico questo perchè credo che la trasmissione di valori tra generazioni non sia unico, dai genitori ai figli, ma anche, fortunatamente, viceversa. Da madre e da insegnante ho fatto spesso questa esperienza.
Come credi si possano educare i giovani alla libertà e alla giustizia?
Forse è un'illusione patetica per sopravvivere al quadro desolante che ci appare, ma io resto convinta che i valori siano destinati a essere una sorta di carattere dominante, che si perpetuerà e resterà, mentre le diverse forme di grettezza e di volgarità passeranno di moda.
Anche per questo la scuola ha una funzione essenziale. Omero e Dante che hanno ancora molto da dire. Leonardo e il Beato Angelico che ti commuovono a distanza di secoli. La scuola dovrebbe riuscire a passare questo messaggio, impartendo educazione e non solo istruzione.
E poi c'è l'apporto fondamentale che può derivare dall'insegnamento della storia, tutta, da quella dei popoli dimenticati e oppressi a quella dei vincitori.
Ho da poco smesso di insegnare e il mio impegno in Emergency non mi lascia il tempo necessario per avere nostalgia della scuola. Che resta, però, una delle mie passioni fondamentali.
Se tornassi indietro, avrei la maturità e l'esperienza sufficienti per suggerire ai miei studenti una rilettura della storia più incisiva, proprio in funzione della comprensione di questo nostro ( e soprattutto loro) mondo che sta andando a rotoli.
E non sarebbe una lettura strumentale, solo più informata e veritiera e rispettosa delle vicende, dei contributi e delle sofferenze degli uomini, tutti, non solo dei “grandi”.
“Tebe dalle sette porte, chi la costruì?” insinuava Brecht, e di seguito una serie di domande che incuriosivano e divertivano i miei studenti. “Son stati i re a strascicarli, quei blocchi di pietra?” e “dove andarono, la sera che fu terminata la Grande Muraglia, i muratori?” e “ Cesare sconfisse i Galli. Non aveva con se nemmeno un cuoco?”.
Le “domande di un lettore operaio” rendevano evidente agli studenti che la Storia è stata scritta e letta in funzione dei potenti e dei vincitori. Adesso il “villaggio globale” è diventato piccolo e può essere indagato nei minimi particolari, fino alla posizione di un'automobile su un'autostrada. E, volendo, i mezzi di informazione possono raccontarci tutto anche sulla vita privata di chi, per vari motivi, decidiamo di considerare protagonista della storia. Ma ancora si continua a omettere ciò che riguarda gli ultimi della terra. Un esempio drammatico, su tutti, a me sembra significativo. Abbiamo visto in diretta sullo schermo televisivo lo schianto aereo sulle Torri Gemelle. Se è vero che, ormai, esiste solo ciò che si vede in televisione, e non viceversa, questa tragedia ha il massimo di concretezza possibile ed è destinata a restare per sempre nella memoria di tutti. E' la tragedia per eccellenza. Nei giorni successivi all'11 Settembre ci hanno raccontato la vita privata di molte vittime, il motivo per cui si trovavano lì, le famiglie che hanno lasciato,storie di vita assurdamente interrotte. Ci siamo trovati a pensare a loro come persone conosciute da molto tempo, e anche per questo abbiamo trovato insopportabile che la barbarie avesse potuto colpire donne, bambini, uomini innocenti.
Poche settimane dopo, sono cominciati i bombardamenti sull'Afghanistan, anzi sulla popolazione afghana colpevole di vivere in un paese che aveva ospitato Osama Bin Laden e che aveva subito il giogo dei Talebani.
Delle migliaia di vittime incolpevoli afghane non sappiamo il nome, la storia privata, ciò che stavano facendo quando i B52 li hanno assassinati, interrompendo la loro quotidianità e la loro vita. Non ci hanno detto nulla di loro, e perciò non esistono. Sepolti in una grande fossa comune sotto la scritta”effetti collaterali”.
Bisogna aiutare i giovani ad accorgersi di queste omissioni, anzi menzogne.
Qual è il ruolo della scuola oggi?
Sono convinta che il ruolo della scuola debba essere innanzitutto quello di sconfiggere l'ignoranza, ovviamente, ma anche ( e questo pare meno ovvio) quella forma di ignoranza che ci impedisce di vedere e di conoscere gli uomini, i loro bisogni, i loro diritti. Sconfiggere l'ignoranza equivale a sconfiggere il razzismo, nelle mille forme in cui si presenta, anche in quella cinica e bara, e sofisticata, che si basa sul presupposto inconfessato che ci sono vittime di serie A e di serie B.
E siccome il nostro mondo si avvierà all'autodistruzione, se non decideremo di bandire le guerre, io credo che il messaggio da passare ai giovani (e non solo) possa essere questo: guardiamo il contenuto vero delle guerre, cioè le vittime. Guardiamole, o almeno immaginiamole, tutte, non solo quelle che altri decidono di farci vedere. Se riusciremo a calarci nei panni anche delle vittime di serie B, le guerre ci risulteranno insopportabili e stolte.
Come consideri i movimenti di oggi?
Credo che il movimento per la pace, oggi, sia molto vasto e trasversale e non coincida solo con la somma delle sigle che scendono in piazza. In Italia ci sono milioni di persone che hanno fatto una riflessione sofferta e consapevole sull'orrore e le menzogne della guerra e sono parte attiva nell'impegno per la pace. Anche se “si limitano” a parlarne con i compagni di lavoro o di scuola.
Le donne e la politica. Forse oggi per le donne è diverso il rapporto con la politica. Per cosa credi che dovrebbero lottare le donne oggi?
Io non ho mai “fatto politica”,come si usa dire, nel senso di attività nei partiti. Ma credo di fare la mia parte, come tutte le persone che non si rassegnano alle ingiustizie. Sono convinta che tutti gli uomini semplicemente per bene (e le donne in particolare, mi verrebbe da dire) debbano lottare per un mondo basato sull'eguaglianza dei diritti. Sembra ridicolo dire ciò nel terzo millennio, due secoli dopo la Rivoluzione francese. Ma basta guardarsi intorno, a partire dal molto vicino fino ai confini ultimi del villaggio globale. I diritti universali sono scritti, non praticati. Forse chiamiamo diritti universali quelli che sono i nostri privilegi.
Teresa Sarti Strada, laureata in Lettere, sposata, una figlia. Ha svolto attività di insegnante fino al 1999.
Nel 1994 ha fondato insieme al marito Gino Strada e altri amici, l'associazione umanitaria Emergency di cui, da allora ne è stata presidente.
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